mercoledì 6 giugno 2018

TENGU WAZA, TRA MITOLOGIA E STORIA

Maschera da Tengu
L'iconografia dei Tengu è piuttosto nota, agli appassionati, o meno, di storia e costumi giapponesi, in quanto creature fantastiche tipicamente caratterizzate dalla faccia rossa e dal lungo naso: spesso associati al mondo dei demoni orientali, sono rimasto piuttosto sorpreso nell'apprendere che alcuni spadaccini (kenshi) giapponesi combattessero e duellassero applicando le tecniche proprie di queste creature, o nel linguaggio più specifico dei praticanti di arti marziali, i cosiddetti tengu waza.

Il mito dei tengu è stato probabilmente importato dalla Cina, e il loro nome significa letteralmente cane del cielo (tiangou), il nome di Sirio nell'astrologia cinese, e forse il nome dato a una meteora dalla coda di cane che precipitò in Cina nel VI secolo a.C. Di fatto, in Cina si sviluppò un'intera classe di demoni di montagna chiamati tiangou, molto simili ai tengu giapponesi nel loro comportamento maligno: questi tiangou furono probabilmente introdotti in Giappone dai primi buddisti nel VI-VII secolo, e lì si fusero con gli spiriti indigeni dello Shinto. Le prime leggende sui tengu parlano solo dei karasu tengu, quasi invariabilmente maligni, ma i tengu simili a monaci sono quelli più spesso rappresentati nell'arte, una delle loro raffigurazioni più recenti, probabilmente nata dalla fusione di storie di yamabushi, i guerrieri di montagna dotati di poteri magici, e di tengu di montagna.
Sono diventati quindi figure tra quelle più conosciute dell'iconografia giapponese, creature alate che abitano le foreste, spiriti delle montagne, esseri antropomorfi rappresentati come uomini-uccello e spesso raffigurati con la faccia rossa, il naso lungo o il becco. All'interno della classificazione dei tengu forse quelli più noti sono gli yamabushi tengu, ritratti quasi sempre vestiti come i monaci di montagna, da cui il nome: si dice abitino le montagne del Giappone ed è particolarmente nota una zona specifica, il monte Kurama, il quale, a causa anche di alcune leggende che si intrecciano con la storia, si narra ospiti una figura particolarmente famosa, Sojobo, il re dai capelli bianchi dei tengu, insieme alla sua corte.
I tengu sono descritti come orgogliosi, vendicativi, facili all'ira, particolarmente intolleranti verso gli arroganti, i blasfemi e coloro che abusano del loro potere e della loro conoscenza per tornaconto personale, e coloro che arrecano danno alle foreste in cui essi abitano: questa particolarità li spinge a provocare monaci e sacerdoti, e in epoca antica i  samurai (secondo alcune tradizioni gli arroganti si reincarnano in tengu). Talvolta si attribuisce loro un istinto politico, e si dice si immischino negli affari dell'umanità per impedirle di diventare troppo potente o pericolosa. Ma nonostante la loro intolleranza verso questo attributo, i tengu sono noti per essere egoisti, da cui la locuzione tengu ni naru (diventare un tengu), cioè fare il vanitoso. A causa della loro ambigua moralità nei racconti giapponesi, i tengu sono rappresentati sia come esseri cattivi che buoni, nei media sia giapponesi che occidentali.

La cosa interessante è che i tengu sono inoltre descritti come maestri particolarmente esperti nell'arte della spada e, più in generale, della guerra: si dice infatti che abbiano trasmesso le teorie di tattica e strategia ai bushi (guerrieri) di più alta levatura, insegnamenti e maestria che spesso decisero le sorti dei guerrieri stessi o del loro clan su quei campi di battaglia che hanno fatto la storia del periodo Muromachi (o Ashikaga, 1336-1573), caratterizzando in questo modo non solo il folklore e la mitologia, ma anche le arti marziali e la storia sociale e militare del Giappone.
Sojobo istruisce Minamoto no Yoshitsune
nell'arte della spada
La mitologia vuole che Sojobo, il sovrano dei tengu generalmente raffigurato come un anziano eremita dai lunghi capelli bianchi e dal naso (o becco) straordinariamente lungo, viva sul monte Kurama: il mito comincia ad intrecciarsi con la storia, in quanto secondo la leggenda Sojobo avrebbe insegnato a Minamoto no Yoshitsune l'uso della spada, oltre ad avergli tramandato le sue conoscenze sulla magia.
Quarto ed ultimo figlio di Minamoto no Yoshitomo, capo del clan Minamoto, Yoshitsune fu affidato in giovane età al tempio di Kurama, sulle montagne di Hiei vicino Kyoto: apprese le arti della spada e dalla strategia grazie agli insegnamenti proprio di Sojobo, prese parte alle battaglie contro i Taira, sconfiggendoli, ma vittima di un tradimento fu costretto a commettere seppuku, il suicidio rituale, restando nella storia come un erede delle tecniche sopraffine dei tengu.
Il fatto che i tengu fossero depositari di tali profonde conoscenze in ambito marziale è raccontato nel volumetto di Kammer "Lo zen nell'arte di tirare di spada" che altro non sarebbe che la traduzione del testo "Tengu-geijutsu-ron" di Chozan Shissai, ma tradotto in tedesco da altre versioni precedentemente trasposte e quindi ritenuto verosimilmente non fedele all'originale giapponese, nel quale il protagonista, volendo apprendere i segreti dell'arte della spada, si reca sul monte Kurama nella speranza di incontrare i tengu: invece però di interagire con loro, resta in silente ascolto delle discussioni filosofiche tra tali creature mitologiche, quando alcuni loro, noncuranti della sua presenza, si riunirono nel buio di una notte impegnandosi in profonde discussioni sotto forma di parabola, su temi di mu-shin, la non mente, strategia, trasformazione del chi, l'energia interiore, e di come la via della spada porti alla comprensione della vita stessa, attraverso storie che riguardavano la percezione del conflitto, della trasformazione personale e la comprensione della filosofia legata a yin e yang, classica del taoismo e confucianesimo cinese, poi entrata in contatto con altre culture asiatiche, secondo la quale tutto si regge su due principi contrapposti e mai completamente esenti l'uno dall'altro per loro stessa origine e natura.

statua di tengu con il tipico ventaglio
Realtà o finzione, protagonista reale o meno, non si sa infatti se il protagonista dei racconti tradotti da Kammer sia Shissai stesso, i tengu occupano comunque una posizione di rilievo nell'immaginario giapponese: il loro caratteristico lungo naso rosso è rappresentativo dell'orgoglio e dell'arroganza, caratteristiche impersonate da queste creature, ma che combattono invece negli esseri umani che fronteggiano, appartenenti spesso alle classi sacerdotali o samurai: definiti maestri delle arti marziali, secondo la mitologia giapponese sono le creature da cui sarebbero discesi i ninja, condividendone le stesse passioni per l'oscurtià e le forze soprannaturali. Non sembra quindi un caso che nel testo Yoshioka, tintori e spadaccini del Giappone feudale, Matsumoto faccia  riferimento più volte a tecniche di combattimento con la spada definite appunto Tengu Waza, caratterizzate da salti ed acrobazie, che trovano però riscontro anche nei testi di Masaaki Hatsumi, maestro ed erede delle antiche tradizione
Masaaki Hatsumi
ninja, che nomina spesso tali tecniche di combattimento con la spada, rappresentando però un'attenzione particolare ad una specifica serie di esecuzioni ad esclusione di altre, indicando quanto con tale tipico allenamento si possano apprendere cose incredibili e stupefacenti ma trasformandosi in artisti marziali egoisti e non equilibrati.
Testi storici giapponesi, a loro volta ripresi da Matsumoto, riportano l'ultimo combattimento di Yoshioka Shigesuke, spavaldo e intemperante erede della nobile famiglia di spadaccini,  contro le guardie di palazzo del governatore Ota Chubei: la tecnica di Yoshioka per resistere agli assalti delle guardie ricordava quello di altre scuole più antiche e di samurai famosi e leggendari cone Minamoto no Yoshitsune e del tengu jumping, che i tengu gli insegnarono. (...) Nella descrizione della lotta troviamo che Yoshioka utilizzò una tecnica, o meglio un'idea di tecnica particolare. Essa viene chiamata go-no-sen. Si prende l'iniziativa e il controllo dell'azione dopo che l'avversario ha fatto la sua mossa. (...) Ciò è collegato allo stato mentale. La mente quieta è necessaria per attuare questa tecnica. Si studia l'ambiente circostante, se stessi e l'avversario come un'unità in equilibrio, in modo da poter controllare meglio la situazione... in questo modo si spinge l'avversario ad aggredire, a fare la prima mossa. Facendo ciò lo si influenza anche nel momento del suo attacco (...) Posizionandosi in un luogo che consente di avere un vantaggio, si può contrastare il nemico, o in questo specifico caso, i nemici. La situazione in cui si trovò Yoshioka fu quella di un evento sociale particolare, caratterizzato da una rappresentazione di teatro Noh: a seguito di una insolenza subita decise di rispondere con le armi, evidentemente consapevole della fine a cui sarebbe andato incontro (non era permesso portare ed usare armi in tali luoghi ed eventi) e sfruttando il palco predisposto per la rappresentazione come piattaforma di salto, mise in atto la strategia sopra descritta portando attacchi e fendenti con la tecnica di spada del salto caratteristica dei tengu.


Ma anche in epoca più recente i tengu waza vengono riportati all'attenzione del lettore appassionato, attraverso precisazioni, riportate ancora da Matsumoto, di Roald Knutsen, maestro con licenza di trasmissione dell'Hasegawa Eishin-ryu, uno stile della scuola di Iai-jutsu, e uno dei primi a portarla in Gran Bretagna, che spiega come molte tecniche di questo stile contengano alcune forme molto antiche che potrebbero essere state influenzate da, o in parallelo, forme ancora esistenti nel Taisha-ryu Bujutsu, e derivate da Iisasa Choissai (il quale morì nel 1536 o giù di lì). Questa trasmissione del Bugei conteneva, si credeva, molte Tengu-waza. In accordo con le mie ricerche (di Knutsen, nda), i Kenshi, nascondevano le teorie in sviluppo dell'arte della guerra sotto credenze popolari, nel potere di questi Tengu, così con successo completo, nascondendo la maggior parte dei loro segreti e concetti di alto livello o interpretazione del Sonshi, a chiunque, quantomeno per i miti riguardanti la giovinezza di  Ushikawa (Minamoto no Yoshitsune) a proposito del suo addestramento [ricevuto] da un tengu a Sojo-ga-tani." Knutsen descrive inoltre un waza della sua scuola chiamato Tora-Hashiru (hashiru significa correre, nda), specificando che non si tratta comunque di ninjitsu per chiarire evidentemente la differenza con le tecniche descritte da Masaaki Hatsumi nei suoi testi: il Kenshi si avvicina all'accampamento del nemico con grande segretezza, ma arriva sulla sentinella senza allarmare, estrae la spada, e uccide l'uomo. Questo crea disturbo, e il nemico cerca vendetta e almeno un nemico darà la caccia. Il Kenshi arretra indietro, ma il nemico arriva su di lui nell'oscurità (è quasi il crepuscolo). Lo spadaccino balza in su (tengu-tobi, tobi significa salto, nda), estrae la spada orizzontalmente e uccide il suo assalitore, torna giù accovacciandosi dal salto, e completa [l'azione] con un kiri-oroshi (taglio verticale, nda), prima di fuggire tra le canne o l'erba Chiba. (...) Esistono tre o quattro ulteriori tecniche di salto che dovrebbero essere sotto la stessa intestazione, tutte probabilmente molto antiche in origine.
Nakayama Hakudo sensei
In qualità di principiante in queste arti non posso permettermi di spiegare l'origine di alcune forme di Iaido (Muso Shinden-ryu) ma mi incuriosisce il fatto che che in kata come Ryuto o Batto nella serie Shoden ci siano dei movimenti vagamente riconducibili al salto: il Muso Shinden che pratichiamo oggi è nato nel primo Novecento per mano di Nakayama Hakudo sensei, ma le sue origini storiche sono da ricondurre a Hayashizaki Jinsuke Minamoto no Shigenobu, nato a metà del Cinquecento. Forse una coincidenza, che meriterebbe un ulteriore approfondimento, ma è lo stesso periodo storico in cui nacque la scuola Yoshioka, nella quale Shigesuke sviluppò la propria arte caratterizzata anche dai tengu-waza e dalle tecniche di salto. E forse non è neanche un caso che si debba a Nakayama sensei la trasformazione dello Iaido in un allenamento non più inteso come pratica di un'arte marziale ma piuttosto come un metodo per migliorare se stessi, in cui la spada non è più un'arma per tagliare un nemico, ma per tagliare il proprio ego, una delle caratteristiche appunto, in accezione negativa, del tengu.

A differenza di quanto riportato da Matsumoto, Faulks sottolinea infatti il simbolismo delle tecniche sviluppate dai tengu, rappresentazione di quella trasformazione caratteristica dei praticanti non in grado di controllare le proprie passioni e il proprio orgoglio, che si avvicinano alle arti marziali per ostentare forza e potenza, e che vogliano farsi riconoscere come figure importanti, sviluppando abilità che possano farli sembrare speciali. Il tengu è quindi l'incarnazione di un artista marziale che non persegue un obiettivo personale di illuminazione sulla via della sua pratica.
Anche George McCall, in suo post su Kenshi 24/7, descrive in maniera particolarmente sentita la forza che nasce dall'umiltà e dalla perseveranza nella pratica di tutta una vita, a dispetto del grado (dan) raggiunto ma con tutta la sincerità che l'arte della spada possa far scaturire dall'esperienza e dalla maestria, chiudendo  con la ripresa del concetto della grande capacità nell'arte della spada delle mitiche creature dal lungo naso rosso, e ricordando che l'altro lato della medaglia è la loro attitudine alla vanità e alla presunzione, esortando quindi il praticante a diventare un bravo kendoka sotto ogni aspetto, ma senza diventare un tengu, come d'altronde indicato nei Principi del Kendo.

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l'inchiostro e la spada




FONTI:
- Tengu - www.wikipedia.com
- Sojobo - www.wikipedia.com
- Minamoto no Yoshitsune - www.wikipedia.com
- Yoshioka, tintori e spadaccini del Giappone feudale - Matsumoto
- Evolved from Tengu? - Martin Faulks, http://www.martinfaulks.co.uk/resources/blog/89-archives/134-evolved-from-tengu
- Lo Zen nell'arte di tirare di spada - Reihnard Kammer, https://www.amazon.it/zen-nellarte-del-tirare-spada/dp/8807720981
- Don't become a tengu - George McCall, https://kenshi247.net/blog/2013/05/24/dont-become-a-tengu/




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