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lunedì 17 dicembre 2018

SPADA E PENNELLO, STRUMENTI DELLA STESSA ARTE

L'arte della spada è stata spesso accompagnata da altre arti, dalla poesia alla pittura alla scultura: i samurai, nell'immaginario collettivo feroci guerrieri, coltivavano oltre alle arti marziali anche arti zen come quella del the o della calligrafia, e non a caso c'è stato chi ha tradotto il sostantivo bushi, altro termine con cui si identificano i guerrieri e i samurai, con la definizione di coloro che hanno la capacità di mantenere la pace, con la forza militare o letteraria. Non è possibile combattere senza una strategia e non si può vincere senza avvalersi di una teoria, così i samurai coltivavano l'arte e la lotta come discipline distinte ma complementari: la lettura dei classici della letteratura e della poesia giapponese, la meditazione filosofica e religiosa, la scrittura di versi erano considerati esercizio sterile se separato dalla vita, dall’azione guerresca, e quest’ultima sarebbe divenuta senza scopo e destinata alla sconfitta se privata della conoscenza. La via maestra per un vero samurai era, dunque, quella del pennello e della spada.

Se l'arte della spada era fondamentale, non solo per la sopravvivenza, ma come vera e propria via anche verso l'illuminazione tanto che famosi monaci zen ne erano padroni e maestri, arti che richiedevano l'uso del pennello non erano da meno rispetto alla spada: la calligrafia, o shodo, la via della scrittura, richiama con il suffisso -do una pratica intesa come percorso, una pratica con influssi buddisti che permette l'affinamento della sensibilità e del perfezionamento del sè. L'arte della scrittura costituisce un insieme composto da nozioni e conoscenze storiche, stilistiche, formali, e un processo di apprendimento e di applicazioni di tecniche, e la cui pratica permette l'espressione di stati d'animo e di sentimenti così come la collaborazione e l'instaurarsi di corrette relazioni sociali e di lavoro.
Per il praticante dell'arte della spada, kendo o iaido, si ravvisano immediatamente le somiglianze con i Principi del Kendo come enunciati dalla Zen Nippon Kendo Renmei, e non stupisce quindi che le somglianze tra spada e pennello siano spesso riportate in numerosi scritti e trattati.
I segni con il pennello possono essere decisi o incerti, veloci o lenti, sottili o spessi, ma contengono sempre una forza che tradizionalmente viene definita ki, traducibile approssimativamente in energia vitale: volendo esprimere in altri termini questo concetto si può dire che l’istantaneità della calligrafia permette di registrare un ritratto del cuore , kokoro,  del calligrafo. Sulla carta viene tracciato un percorso che sgorga dalla sua interiorità: la composizione che ne risulta è basata su rapporti proporzionali, ritmi, equilibri, pieni e vuoti, e tali caratteristiche non possono non destare l'attenzione del kendoka o dello iaidoka che spesso sente dire, o riporta lui stesso, che la spada deve essere usata come un pennello.
Musashi, il più celebre spadaccino giapponese vissuto a cavallo tra il 1500 e il 1600, straordinario maestro indiscusso della spada, era anche esperto di psicologia così come di scultura, pittura e calligrafia: autore del celebre testo Go rin no sho, Il libro dei cinque anelli, criptico capolavoro sull'arte della spada, scrisse il testo ovviamente con il pennello, ed è interessante notare come le caratteristiche della sua scrittura offrano molti indizi relativi al carattere dello spadaccino. Sfortunatamente non esistono copie originali del testo, ma è sopravvisuto un memorandum (oboegaki), scritto appena prima del Go rin no sho, contenente i principi essenziali che il maestro lasciò al suo studente: scritto in corsivo, permette di vedere dove Musashi intinse il pennello nell'inchiostro attraverso tratti più umidi e scuri, come pure dove i caratteri scoloriscano gradualmente in segni più secchi ma altrettanto decisi. Scriveva 13 o 14 caratteri prima di intingere nuovamente il pennello nell'inchiostro, e il graduale rilascio dell'inchiostro senza perdita di potenza è assimilabile alla forza di un corridore da lunghe distanze sostenuto dal vento, in grado di permettergli di muoversi senza finire il fiato. La linea vitale, kimyaku, non è mai interrotta e le colonne di caratteri sono precise sulle linee verticali, risultato di una profonda attenzione senza distrazioni: tutto ciò è da considerarsi più di un segno di forte energia, un riflesso della sua tendenza di tutta una vita nel perseguire la perfezione. Perfino le linee più sottili risultano essere affilate come una lama, e le colonne verticali di testo sembrano respirare con un senso dinamico del ritmo, una potenta forza proattiva che Musashi stesso chiamava appunto ritmo, hyoshi. La sua calligrafia è stata definita viscerale e ancora il praticante dell'arte della spada non potrà non ravvisare i concetti alla base di uno shiai, un combattimento: la difficoltà di mantenere la linea vitale tra i caratteri incolonnati è l'equivalente della sopravvivenza nello scontro, rappresentando il riflesso delle proprie abilità nell'utilizzo del pennello come fosse la spada della mente.
L'analisi della calligrafia di Musashi riflette appieno le tecniche di spada che caratterizzano l'arte della spada:
  • colpi (pennellate) potenti e controllo del ritmo: il segreto di pennellate forti ben armonizzate tra segni spessi e sottili richiedono buona osservazione e controllo del respiro.
  • bilanciamento dinamico con movimento imprevedibile: bisogna essere capaci di catturare il più impercettible dei movimenti in un tratto quando il pennello cambia direzione. L'energia è potente ma con una tempistica perfetta, con una consapevolezza permeante che permetta di vedere cosa sia vicino come lontanto, e cosa sia lontano come vicino.
  • concentrazione affilata come un rasoio: la sfida è riuscire a mantenere una linea costante e affilata a prescindere da quanto sottili stiano diventando i caratteri, risultato di come si maneggi il pennello e dell'attenzione mentale.

Per il praticante dell'arte della spada risulta difficile non cogliere le differenze tra spada e pennello, strumenti interscambiabili con i quali esprimere il carattere, la passione e la concentrazione, attraverso movimenti che richiedono anni di studio e perfezionamento.
Nel libro della Terra, primo trattato ne Il libro dei cinque anelli, Musashi afferma che quella del guerriero sia la doppia via del pennello e della spada e che ogni samurai dovrebbe avere una certa conoscenza di entrambe. (...) In passato l'arte della spada era considerata una delle Dieci Abilità ed era annoverata tra le Sette Arti come pratica salutare, ma (...) l'autentico significato dell'arte della spada non può essere limitato ad una tecnica nell'uso delle armi. (...) È come separare il seme dal fiore e attribuire valore soltanto al fiore. (...) Secondo un vecchio adagio veritiero, una conoscenza superficiale è più dannosa dell'ignoranza.
I principi che Musashi elenca per coloro che vogliano seguire la via della spada includono il non coltivare principi sleali, la realizzazione attraverso la pratica, l'istruzione in tutti i campi dell'arte, lo sviluppo del giudizio intuitivo e l'apprendimento della percezione di ciò che non si può vedere, il non trascurare i piccoli particolari e il non fare cose inutili. 
Spada o pennello? Lo spadaccino e l'artista leggeranno in tali insegnamenti i fondamentali della propria via, che sembra essere effetivamente la stessa.

Seguace di Takuan Soho, maestro zen della scuola Rinzai, Musashi adotta molte similitudini e immagini tipiche del suo maestro, profondamente ammirato da molti samurai e signori locali (daimyo), la cui calligrafia riflette un carattere che non vede separazione tra pensiero ed azione: non è un caso quindi che i testi del suo più famoso discepolo spadaccino sia denso di significati che attingono alla profondità dell'insegnamento Zen. Musashi ci insegna il colpo della non mente ovvero libero da ogni pensiero, un colpo effettuato con spirito, corpo e mani senza pensare, vibrato con la forza del Vuoto, senza calcolo, senza piano, ma sola pura azione e la cui comprensione richiede pratica molto assidua. Ci insegna ad espandere corpo e spirito in modo che i fendenti siano portati con lentezza e sicurezza imitando con il corpo lo scorrere dell'acqua, e la tecnica del "sol colpo" definendola come quella che assicura la vittoria, esortando il lettore praticante all'esercizio costante nell'apprendimento della via, grazie al quale la strategia emergerà infine dal cuore permettendo di conseguire la vittoria quando lo si vorrà.
È difficile poter scindere la pratica della spada da quella del pennello attraverso questi insegnamenti e la stessa analisi grafologica della calligrafia di Musashi rivela il carattere dello spadaccino come sia possibile evincere dalla lettura de Il libro dei cinque anelli.


Spada o pennello, percezione, cuore e azione, gli insegnamenti, la pratica e la sovrapposizione tra le due arti restano quindi chiaramente alla base dei molti modi di dire che le accomunano, come complemento l'una dell'altra nella ricerca introspettiva che entrambe le discipline alimentano attraverso la costante pratica quotidiana.
Come termina quasi ogni capitolo de Il libro dei cinque anelli di Musashi, è importante riflettere attentamente su queste cose.



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l'inchiostro e la spada


Fonti:
Gli ideali del samurai, William Scott Wilson
- Shodo: La via della scrittura, Bruno Riva
- Il pennello e la spada, Leonardo Arena
- Il pennello è la spada della mente - Musashi, William Reed
- Il pennello è la spada della mente - Takuan Soho, William Reed
- Il libro dei cinque anelli, Musashi Miyamoto



martedì 8 maggio 2018

YOSHIOKA - TINTORI E SPADACCINI DEL GIAPPONE FEUDALE

Mi sono avvicinato a questo libro incuriosito dal binomio "tintori e spadaccini": gli Yoshioka non erano certo una
famiglia dal nome sconosciuto, in quanto la loro storia è intrecciata, tra le altre, alle gesta di Miyamoto Musashi, oltremodo note agli appassionati di storia giapponese e ai praticanti di arti marziali, soprattutto le arti della spada. Avendo già incontrato questo nome, essendomi appassionato alla tintura con tecnica shibori e praticando Kendo e Iaido, le arti della spada, il testo non poteva che destare la mia attenzione. 

Il libro, scritto da Satoru Matsumoto, è in grande formato, particolarmente agevole nella lettura da impegnare tranquillamente e piacevolmente un fine settimana lasciandosi trasportare dalla fantasia tra gli aneddoti, storicamente commentati, degli eventi di spada che hanno caratterizzato la vita di questa famiglia.
Ma con un po' di stupore però, sul tema "tintori" non viene detto molto, lasciando un minimo di insoddisfazione al termine della lettura. Vero che il clan Yoshioka è forse rimasto nella storia per le arti tintorie più che per quelle delle spada, ma è quasi essenzialmente di queste che si parla, ed inoltre con profondi, frequenti e costanti riferimenti ad un altro personaggio, tra realtà e leggenda, vissuto in quegli stessi anni, tra il 1500 e il 1600. Non è certo possibile parlare di delusione, in quanto il testo di Satoru costituisce una bella ed accurata analisi storica che si sviluppa con una narrazione avvincente, ma non romanzata, considerando gli scritti a favore degli Yoshioka da una parte, e dei Minamoto Shinmen (la famiglia di Musashi) dall'altra, nel raccontare le vicende d'armi intercorse tra i due clan.

Le Gesta degli Yoshioka erano già note dalla lettura di un altro testo più commercialmente famoso, quel "Musashi" di Eiji Yoshikawa che non può certamente mancare nella libreria di un kendoka. In un passaggio si legge di una donna che affermava che chiunque sa che alle persone che frequentano la scuola Yoshioka piace indossare abiti di quel colore marrone scuro. Si chiama tinta Yoshioka ed è molto popolare da queste parti. Questo dettaglio in effetti si perde tra i numerosi avvenimenti della vita di Musashi, ma gli Yoshioka restano comunque nell'immaginario del lettore del romanzo di Yoshikawa in quanto sconfitti da Musashi, che decreta la fine della famiglia e della loro scuola. Dopo qualche anno, la passione per la tintura con tecnida shibori mi ha riportato sulle tracce degli Yoshioka, con questo nuovo testo, che speravo colmasse qualche lacuna su questa famiglia di tintori e spadaccini: ma la storia dei tintori è molto marginale, con un paio di riferimenti lungo tutto il libro rispetto al più complesso corpo delle alterne vicissitudini che vedono gli Yoshioka, già conosciuti tintori, diventare importanti e rispettati maestri d'arma alle dipendenze degli shogun Ashikaga per poi finire nell'oblio quasi totale dopo l'incontro con Musashi.
Nonostante questo, alcuni riferimenti alla maestria tintoria sono riportati nel testo di Satoru, illuminando il lettore appassionato di tintura e di spada con i seguenti passaggi:
  • Il clan Yoshioka... (fu) il primo dei tintori che crearono un colore marrone scuro ed esso fu conosciuto come "tintura Yoshioka". L'attenersi correttamente e costantemente ad una regola è chiamato kenbo (o kenpo)... Da quando il fondatore della famiglia Yoshioka fu capace di riprodurre esattamente lo stesso colore ogni volta, la tintura, anche successivamente, fu conosciuta come kenbo (o kenpo) -zome. Questo tintore imparò l'arte della spada e chiamò il suo stile Yoshioka-ryu, la quale [arte] è ancora praticata al giorno d'oggi" (tratto Honcho Bugei Shoden, 1714, citando un testo dallo Yoshufu-shi). ... Questa scuola era uno dei famosi otto stili occidentali di Kyoto, conosciuti come Kyo-Ryu o Kyo hachy ryu.
  • I fratelli Yoshioka originari di Kyoto erano famosi per la loro  scuola di spada, una scuola senza precedenti nel passato e nel presente per la sua abilità tecnica... e vanno annoverati tra i più forti [spadaccini] della storia del Giappone, anche se nei documenti storici vengono ricordati prevalentemente a causa della sconfitta con Musashi. Il loro dojo era stato chiuso da parecchio tempo rispetto alla stesura di documenti affidabili; molti scritti della loro scuola andarono perduti... gli esponenti cambiarono attività economica tornando a fare i tintori, e anche i discepoli diretti e i vari allievi probabilmente erano tutti morti. Di loro, solo il ricordo rimaneva ormai al volgere della fine del 17° secolo.


Curioso invece il parere opposto offerto sulla tintura dal testo "Japanese Costume and Makers" quando illustra i generali processi di tintura identificati dal suffisso -zome (da someru, tingere) tra i quali elenca ovviamente anche il kenbo-zome: una colorazione marrone-nera utilizzata principalmente per i kimono maschili da cerimonia, molto aggressiva per il materiale tinto, causandone marcescenza e rottura dopo circa una cinquantina d'anni, tempo ritenuto in Giappone come un cattivo indice per una buona tintura. Era una tintura minerale estratta da materiale ferroso e suggerita dalla
Tooth blackening - Kunisada
pratica di un'anziana donna che usava tingersi di 
nero i denti, con un pezzo di ferro bagnato nell'aceto (nda: ohaguro, denti neri, è una moda tradizionale giapponese che prevede di tingersi i denti con dell'inchiostro nero; pratica tradizionale sin dall'antichità, nel periodo Edo tornò a riguardare solamente le donne, con la differenza che era praticato anche dalle classi sociali povere ed indicava che una donna fosse sposata).

L'invenzione di tale tintura fu erroneamente attribuita a Yoshioka Kenbo ... ragazzino che lavorava nelle tintoria del padre, appartenente ad una famiglia di importanti tintori. Il ragazzino era solito uccidere le mosche che volavano numerose intorno al riso, colpendo nell'aria con il suo flessibile bastone di bambù che usava per mescolare le tinture e raramente mancando la vittima. Un giorno un samurai di passaggio davanti al negozio osservò il ragazzino fare affondi così incredibilmente accurati e dichiarò che dovesse diventare uno spadaccino. Fu quindi portato via dalla tintoria familiare per essere addestrato, e diventò in effetti uno dei più grandi spadaccini che il Giappone abbia mai conosciuto.
Ancora una volta la realtà sembra essere diversa a seconda delle fonti narranti, come spesso capita anche a causa del lungo tempo intercorso tra i fatti accaduti e la resa scritta degli stessi, avvenuta spesso in anni lontani e dopo essersi tramandati per via orale da molte persone che per i motivi più disparati, interesse, fazione, cultura, personali o altro, hanno contribuito a modificare sensibilmente la realtà poi tramandata fino ai giorni nostri.
In qualsiasi caso, oggi, quella tipica colorazione marrone viene comunemente attribuita al famoso clan di spadaccini, a prescindere dalla proprietà intellettuale sulla stessa, che, ad onor del vero, viene attribuita all'affidabile metodo sviluppato dagli Yoshioka tintori, unico per riproducibilità cromatica tra le tecniche dei tintori dell'epoca.
E se anche la Minnich in un testo dedicato alle eleganti arti dei creatori giapponesi di abiti finisce in poche righe a parlare di spada quando accenna agli Yoshioka tintori, lo stesso Satoru non fa misteri, fin dall'introduzione del suo libro, sull'essersi interessato alla storia del clan Yoshioka in seguito ai (suoi) studi sulla vita di Miyamoto Musashi, e non stupisce quindi la ricchezza di fonti e di confronti fra queste, nell'ambito della tecnica  di scherma piuttosto che della tintura. Per quanto rimasto lievemente scontento dal non poter approfondire sulla parte tintura, resta comunque un testo altamente godibile per l'approfondimento storico sulle vicende Yoshioka/Musashi.

Ma, si sa, la lettura interessata porta ad ulteriori approfondimenti, alla ricerca di soddisfare curiosità che nascono a mano a mano che si prosegue nel testo, e dalle semplici note riguardanti la tintura Yoshioka e il marrone tipico di questa famiglia, è partita un'altra piccola ricerca personale.
Il marrone in questione è rimasto sufficiente famoso nella storia da meritarsi il termine alternativo di kenpo-iro, ovvero il colore del kenpo, termine utilizzato per indicare sia il capostipite degli Yoshioka che  la rettitudine e la correttezza dello stesso e della famiglia, e quindi ereditato dai discendenti. E tra i discendenti, uno è tutt'ora in vita: giunti ormai alla quita generazione dei famosi samurai tintori, Sachio Yoshioka è un artista tessile specializzato in un'arte che è pesantemente fondata sulla percezione visiva del colore e, se esistesse un titolo pari a Maestro del Colore, Sachio lo avrebbe guadagnato di diritto. Ha speso la sua infanzia nell'osservazione del padre e del nonno che lavoravano come tintori tradizionali, e, nonostante i suoi interessi per il giornalismo l'avessero portato a studiare letteratura, decise di continuare infine la tradizione di famiglia.

[Colors of Japan - Master Dyer and Color Historian Sachio Yoshioka]


Sachio Yoshioka è diventato una figura di riferimento in questa arte, uno storico del colore, prestando servizi e conoscenze alla mondo della moda e alla divulgazione dell'arte, riuscendo a mantenere in vita quel primato familiare che gli Yoshioka non sono riusciti a replicare invece con la loro tecnica della spada: lavorando a stretto contatto con la natura, seguendo le variazioni stagionali ed assecondando la salute di piante e terreni, il processo della tintura viene sviluppato a mano con acqua pura estratta da 100 metri nel sottosuolo. Lavorando lentamente e gentilmente, prendendo tutto il tempo che la natura chiede, solo allora emergono gloriosi i colori.
Purtroppo niente invece resta della scuola di spada degli Yoshioka, che affonda le radici nella prima metà del periodo Tenmon (1532–1554) e che, fondata dal capostipite Yoshioka Kenpo, non è durata più di quattro generazioni, passando attraverso gli onori della scuola, e dei maestri, ufficiali dello shogunato Ashikaga e dall'aver ricevuto il titolo, dato al discendente di terza generazione, di "miglior spadaccino del Giappone".

Per rimanere ancora in tema di Inchiostro e Spada, uno degli ultimi discendenti della famiglia samurai, Yoshioka Matasaburo Kanefusa, ancora attivo dopo la  chiusura della scuola in seguito alla sconfitta contro Musashi, è perfino ritratto da Utagawa Kuniyoshi, come pure le sue gesta sono ancora narrate alla fine del 1800, nelle quali viene descritto come Maestro di Kodachijustsu (tecnica della spada corta) della Yoshioka ryu. Ma oltre gli eventi che caratterizzano ancora la prima metà del 1600, si perdono infine le tracce di questa scuola marziale, sostituite solo dalle tecniche tintorie originarie mantenute in vita da Sachio.

Tornando infine al testo originale, è una lettura sicuramente consigliata, avvolgente, che rapisce il lettore immergendolo completamente nella storia all'epoca dello scontro tra i due giganti della spada con un rincorrersi di note e aneddoti raccontati da fonti a favore dell'una o dell'altra parte, utilizzando i diversi rimandi storici degli scritti dell'epoca, confrontando, analizzando e proponendo teorie e conclusioni, su una vicenda ed un personaggio sicuramente in bilico tra la realtà e la leggenda, e che inoltre fornisce sicuramente molti altri spunti per approfondimenti futuri su temi correlati.


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l'inchiostro e la spada




FONTI
- Yoshioka, Tintori e Spadaccini del Giappone Feudale - Satoru Matsumoto
- Musashi - Eiji Yoshikawa
- Textile dyeing: Sachio Yoshioka - https://www.toki.tokyo/artisan-stories/sachio-yoshioka/
- Textiles Yoshioka - http://www.textiles-yoshioka.com/eng/
- Final Chapters of Kyohachi ryu: Yoshioka ryu - https://lightinthecloudsblog.wordpress.com/tag/miyamoto-musashi/
- Japanese Costume & Makers: and the makers of its elegant tradition - Helen Minnich