lunedì 14 gennaio 2019

IO FACCIO, IO CREDO, IO SBAGLIO


Il nuovo anno non poteva cominciare meglio che con la partecipazione ad un intenso stage di Iaido Seitei organizzato da Akitsukai Lucca e intensamente diretto da Danielle Borra, 7 dan Kyoshi, e Claudio Zanoni, 6 dan Renshi:



nonostante il freddo pungente oltre una ventina di praticanti si sono dati appuntamento da diverse regioni per approfondire tecnica, etichetta e cultura, in uno studio coinvolgente di alcuni kata, dal loro senso ai loro punti caratterizzanti, sotto l'attento sguardo dei due Maestri, approfittando della ripetizione e integrazione dei diversi fondamentali e fornendo quindi anche ottimi spunti per un modello didattico e non solo di pratica.
Lo studio dei kata è avvenuto anche attraverso l'analisi e la comprensione del testo base dello Iaido Seitei, quel manuale Zen Nippon Kendo Renmei Iai reso disponibile in versione italiana dalla federazione CIK che trovo sempre più complesso a mano a mano che il tempo passa. Un testo sufficientemente conciso da racchiudere tutto lo Iaido Seitei in poche pagine, ma che rivela nuovi aspetti e nuovi dettagli ad ogni nuova lettura e soprattutto con la continuazione della pratica: adatto al neofita per l'approccio e l'impostazione dei kata, necessario al principiante per lo studio dei dettagli, fondamentale per l'esperto per la rifinitura della pratica, è un testo cangiante che offre livelli diversi di informazione a seconda del grado di maturità del lettore. All'aumento dell'esperienza del praticante garantisce una rinnovata esperienza di lettura ed interpretazione, ma, come è stato fatto notare, necessita sempre di una guida per poterlo comprendere e padroneggiare.
Ci vuole tempo per leggere e ci vuole tempo per praticare, ma entrambe le fasi di allenamento necessitano di qualità e profondità, che si possono ritrovare solo attraverso un'applicazione metodica, lenta e attenta, come pure attraverso una pratica comune, in un gruppo coeso che vuole crescere insieme, in cui gli errori dell'uno sono quasi sicuramente quelli dell'altro ed ognuno può essere maestro dell'altro, e in cui si possa intimamente valutare la propria preparazione attraverso il confronto e con l'osservazione della pratica dei compagni.
È difficile percorrere una Via, non necessariamente quella
della spada,  perchè troppe sono le distrazioni che ci allontanano da essa, e molte di queste dipendono purtroppo da noi e dal nostro ego, che cresce robusto insieme ad una pratica qualitativamente povera, e il discorso diventa qui molto personale. 
Raramente in precedenza, come questa volta ho potuto rendermi conto di quanto possa essere inefficace la pratica, e di quanto lo sia stata nei tempi più recenti: orgogliosamente consapevole di praticare costantemente, di applicare i concetti ed applicare le tecniche, si è lentamente insinuata in me la convinzione di saper fare, di credere di vedere un miglioramento solo perchè le molte nozioni incamerate venivano teoricamente, quanto erroneamente, incluse nella pratica costante e ripetitiva, per quanto sterile, perdendo quindi il senso della pratica stessa. Cadendo in una routine monotona di ripetizioni meccaniche,e a posteriori senza senso,  la mancanza di controllo e verifica causata da un ego che pare mascherare la realtà mi ha portato lontano dalla Via. La pratica non necessariamente porta ad un miglioramento, e adesso più che mai mi rendo conto di quanto sia difficile vedersi realmente, di quanto credere di essere capaci di qualcosa porti inevitabilmente ad edulcorare  inconsciamente l'amara realtà.
Come una versione psicologica dello specchio magico delle
fiabe, l'ego riesce a restituire un'immagine forte di sè, convincente e subdolo nel mostrare quanto siamo bravi, separando e allontanando sempre più quello che crediamo di fare da quello che facciamo, invertendo le parti, confondendole e lasciando che l'abitudine costruisca un castello inespugnabile dalle spesse mura dell'autocompiacimento, portando l'impegno di pratica costante a giustificazione più che plausibile per il finto risultato.
La trappola tesa dell'ego è scattata di nuovo (v. Il quinto demone, anche se allora era Kendo), a dimostrazione di quanto sia facile perdersi sulla Via. Ma lo Iaido, come è stato fatto più volte notare in occasione dello stage di inizio anno, è fatto di dettagli: angoli, altezze, posture, posizioni, movimenti, impugnature, ma è anche permeato di etichetta,  comportamenti e cultura che contribuiscono alla profondità della comprensione, dello studio e quindi della realizzazione. Uno dei punti cardine dello Iaido è il combattimento contro un nemico invisibile, e il nostro più temibile nemico siamo noi stessi: accomodarsi sul trono costruito dall'ego che ci porta sì più volte alla settimana nei luoghi dove pratichiamo la nostra arte facendoci credere che la costante ripetizione ci renda migliori, è una facile vittoria sulle nostre debolezze. Cadere da quel trono e da quelle mura accompagnati nuovamente sulla Via corretta è come una piccola rinascita che permette di riscoprire i tanti perché del nostro impegno originario fornendo nuova linfa alla nostra pratica. 
Praticare sinceramente insieme ad altri che condividono la nostra passione può davvero essere fondamentale per tale risveglio, accendendo una luce nel tetro tunnel delle routine che portano all'errore. L'arte della spada è intimamente connessa con la filosofia zen, in cui perseveranza, ripetizione, errore e critica sono fondamentali, ma è troppo facile saltare alcuni punti fondamentali e credere di migliorare solo perché ci si applichi. È necessario sbagliare, come parte del percorso di crescita,  e gli errori non sono da vivere come esito negativo, anzi: il piacere di poter essere accompagnati nuovamente sulla Via della comprensione è una rara gioia sul difficile cammino dell'apprendimento volto all'irraggiungibile perfezione attraverso il miglioramento continuo. È necessario praticare con il corpo e con la mente, non solo ripetere gesti che sono ormai acquisiti muscolarmente ma vuoti di significato.
Se si capisse la vera pratica, allora il tiro con l'arco o altre attività potrebbero essere zen. Ma se non si capisse come praticare il tiro con l'arco nel suo più vero significato, allora anche se si praticasse molto duramente, si acquisirebbe solo una tecnica. (...) Se si comprendesse il punto della pratica, allora il tiro con l'arco ci aiuterebbe anche senza un arco e una freccia. Come si possa giungere a tale potere o abilità, è solo attraverso la giusta pratica. (Shunryu Suzuki)

Inizia un nuovo anno (2019, anno del cinghiale) e siamo alla fine di un nuovo ciclo (12 anni, uno per animale): secondo la leggenda il Budda chiamò a raccolta tutti gli animali, ma si presentarono solo in dodici e quindi decise di ringraziarli dedicando un anno a ciascuno di essi, ma il cinghiale si presentò per ultimo, si dice, perchè si fermò a mangiare lungo la strada. Mi sento come il cinghiale che si è perso per soddisfare il proprio piacere, e spero che questo nuovo inizio sia di buon auspicio per una rinnovata pratica più profonda e proficua.


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l'inchiostro e la spada





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