domenica 9 febbraio 2020

LA LUCE DELLA SCONFITTA

Sono appena terminati due giorni di campionati di iaido, di esami, di dimostrazioni, due giorni di condivisione di passioni con un gruppo sempre più coeso con il passare del tempo.
Si fanno i primi passi in un ambiente nuovo, a mano a mano si rincontrano volti e luoghi, e poi i volti diventano persone, le persone conoscenti, i conoscenti amici, i luoghi nuove case dove ci si incontra, si discute, si scherza, ma soprattutto si studia. Non è più solo una passione in comune, ma una sensazione di appartenenza, nel senso meno elitario possibile del termine, anzi: appartenza ad un gruppo che nonostante all'interno del quale si combatta accesamente l'uno contro l'altro, lo fa nel più alto rispetto dell'avversario proprio perché questo è un amico.
E si vede, anche da fuori, anche quando non si è ancora entrati nel vivo e nella comprensione di cosa faccia, questo gruppo. E la verità è molto semplice: vuole  crescere con l'idea della condivisione, senza segreti, senza barriere ed ostacoli posti da una scuola o dall'altra, e, cosa ancora più importante, a tutti i livelli di esperienza, che non è considerata limitazione o, peggio, esclusione. Si percepisce la voglia di comunità, nella quale si esulta per una vittoria perché il vincitore è stato migliore, ha mostrato qualcosa, che chiunque possa prendere a sua volta.
Sono uscito presto dalla competizione, e dovrei rattristarmi della cosa, ma ritengo di aver ricevuto molto di più in termini di vicinanza e consigli, di supporto anche da persone dalle quali non me lo sarei aspettato perché ancora lontane, all'altro capo di due fili che cominciano però ad annodarsi. Ma inesorabilmente, evento dopo evento, anno dopo anno, vedi cambiare il mondo, un mondo che ti affascina sempre più perché gravita intorno ad una passione, e cominci a capire quanto sia importante, fondamentale, uscire dal tuo guscio per un confronto ma soprattutto per poter scambiare la conoscenza, dapprima a senso unico e poi, pian piano, anche in senso opposto. Dare per ricevere, ma non un do ut des: sarebbe forse meglio usare la formula dare è ricevere, per meglio comprendere la sensazione.
È emozionante sentire come la voglia di crescere insieme permei persone, azioni, luoghi ed eventi: gioire per un amico che vince, nonostante di un altro "colore", essere felici per un amico che passa un esame, nonostante quale sia il "colore" di appartenenza, perché in questo modo il gruppo intero vince, perché tutti hanno dato il massimo per contribuire, e molti anche di più. Perché si studia insieme, si pratica insieme, e si combatte insieme, più che contro.
Questi ultimi campionati sono stati per me una vera fonte di rinnovata consapevolezza e ispirazione. Credo di poter affermare, nonostante la mia limitata esperienza, che il livello si sia alzato, e questo non può che stimolare a studiare di più e meglio, con innumerevoli esempi da seguire, in tutti i gradi: e nei tempi "morti" la disponibilità di tutti è totale, per una parola, un consiglio, al termine dell'evento c'è addirittura chi ti viene a cercare per darti una mano a realizzare cosa cambiare e come. Una sconfitta che non è dolorosa, perché mettendo a nudo i punti scoperti permette di poter ricucire gli strappi di una pratica spesso, purtroppo, non particolarmente attenta e profonda.
Un bel cammino lungo una via che si rinnova continuamente, che si espande in mille direzioni e dimensioni, che non è più solo relativa ad una pratica per se stessi, ma passa attraverso il miglioramento di se stessi per contribuire al miglioramento di tutti.
Se le arti marziali sono disciplina, mi piace pensare che questa non sia solo puntata verso il raggiungimento di uno stato fisico migliore e verso un modello di apprendimento rigido e codificato, o soprattutto pertinente ad una attività esclusiva in dojo: tutto ciò è necessario, ovviamente, ma è solo un mezzo dell'evoluzione personale, che porterà a ricambiare quanto ricevuto e a crescere come persona e come gruppo. E sempre più intimamente sono convinto della profondità e dell'immensità di quelle poche parole racchiuse nei principi del kendo, che terminano con un messaggio oltremodo positivo indicando quale sia l'obiettivo finale della disciplina: amare il proprio paese e la società, contribuire allo sviluppo della cultura e di promuovere la pace e la prosperità tra i popoli. Sembra un'esagerazione, ma più ci penso, più cerco di applicare questi principi alle esperienze personali, più mi rendo di conto di quanto siano in grado di tracciare una via verso la quale si dovrebbe tendere, a qualsiasi livello di applicazione, le cui mille diramazioni tendono però a ricongiungersi qualsiasi sia stato il punto di partenza.
Sono state due giornate meravigliose, dal mio punto di vista, molto più ricche di sensazioni ed esperienze nonostante l'essere ancora lontano dal successo competitivo, anche fuori dal podio: chiudo questa nuova esperienza con delle immagini nuove impresse nella mia mente, positive, invitanti, da voler mettere in pratica per stare meglio, come persona e di conseguenza come gruppo. Si è accesa una nuova luce, voglio seguirla e poter trovare quelle conferme che oggi hanno cominciato a consolidarsi in qualcosa di più elettrizzante che mai.
Si ricomincia a studiare, si ricomincia a praticare, si continua condividere, ognuno per quello che sia in grado di fare, senza paure di sottovalutazione e senza remore. E ricominciare non è un tornare indietro, ma la realizzazione di un cambiamento necessario verso il miglioramento.
Bruce Lee definì la sconfitta come "nient'altro che educazione, il primo passo verso qualcosa di meglio": potrà sembrare assurdo, ma sono contento di aver perso.

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l'inchiostro e la spada





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