mercoledì 6 aprile 2022

IL DOJO FUORI DAL DOJO: POSTURA E ASHISABAKI


Quando ho cominciato a pensare a questa serie di post, mille argomenti mi si sono affacciati confusamente alla mente, che durante la corsa segue dei percorsi tutti suoi: ma continuando a correre, e quindi a permettere alla mente di creare connessioni altrettanto libere, sono giunto alla conclusione che una concatenazione sensata degli argomenti, piuttosto che la proposizione casuale, fosse più efficace per affrontare un discorso teso a durare nel tempo.

E così, strettamente connessa al reiho, ritengo che faccia parte di una corretta disposizione mentale la ricerca e il perfezionamento della postura. 
Così come in dojo è fondamentale che la postura sia corretta per massimizzare l'efficacia dell'azione e per una corretta dimostrazione di kigurai, anche fuori dal dojo la postura è sinonimo di dignità, che intendo come il compiere una qualsiasi azione nella maniera corretta, con movimenti e disposizione mentale corretti: insomma, con la giusta postura mi sembra di affrontare le cose in un modo migliore, oltre a rispettare gli altri fornendo un'immagine integra e, appunto, dignitosa.
Dopo anni di pratica marziale caratterizzati da una profonda attenzione a tutto ciò, è inevitabile diventi automatica la ricerca per se stessi e l'osservazione acritica degli altri, come specchio di quello che in realtà faccio io stesso. E vedere per strada camminate con piedi a quarantacinque gradi rispetto alla direzione di movimento, sbracciate disarticolate e disarmoniche rispetto al passo, teste calanti o posizioni ingobbite, sono tutte un deciso contributo per lo sforzo verso un migliore controllo della mia postura. Parafrasando Murakami dal suo L'arte di correre, non essendoci vittoria o sconfitta nella sua attività di scrittore, si riduce tutto alla ricerca di quello stimolo interiore silenzioso e preciso, che non cerca conferma in un giudizio esterno: si ritorna quindi agli insegnamenti dell'arte della spada come disciplina finalizzata al miglioramento personale
E allora anche quando cammino per strada o durante le sessioni di corsa, così come quando sto semplicemente seduto davanti al monitor mentre lavoro, o mentre svolgo qualsiasi attività, pensare al mio corpo e alla sua relazione con le azioni che devo svolgere mi aiuta a farle meglio.

Mentre sto correndo, o anche solo camminando, la postura è sotto costante controllo, dato che è facile che la fatica faccia adottare delle scorciatoie che apparentemente facilitino il movimento in sé, ed esattamente come in dojo ricerco quindi la sensazione del busto eretto, della colonna vertebrale stirata, della cassa toracica aperta, di una corretta posizione della testa, della rilassatezza delle spalle e via dicendo.
Se devo guardare per terra cerco di farlo muovendo gli occhi e non abbassando la testa, esattamente come dopo il taglio finale di un kata, così come controllo che le braccia si muovano mantenendo un certo contatto con il busto in maniera simile allo scorrimento della mano sinistra lungo l'obi per la corretta esecuzione del sayabiki. E quando mi capita di passare sotto un lampione, approfitto della luce che proietta la mia ombra per terra per controllare che non ci sia luce tra le braccia e il busto nello stesso modo in cui la controllo allo specchio quando siedo in seiza.

Durante una corsa, così come nel caso di una semplice passeggiata per andare a fare la spesa, un controllo particolare va inoltre sempre all'ashisabaki: credo sia ragionevole ritenere infatti il movimento dei piedi intimamente connesso con la postura, oltre che, ancora una volta, legato all'efficienza del movimento. Anche in questo caso è un continuo controllo: mantengo i piedi paralleli o li lascio andare un po' dove vogliono? Spingo correttamente con l'avampiede come in un corretto fumikomi o lascio che sia il peso del corpo stanco a trascinarmi in avanti? Riesco a spingere correttamente sia con il destro che con il sinistro, come se passassi alternativamente da tecniche in chudan a hidari jodan? Se posso correre sulla linea della segnaletica stradale a terra, riesco a calpestarla o la stanchezza mi porta a deviare dalla linea retta? Se devo girare faccio in modo di cominciare la rotazione con il piede avanti per un corretto jikuashi, per cui diventa fondamentale anche l'osservazione delle spazio in cui mi muovo.
Si aggiunge fatica a fatica, a quella fisica si aggiunge quella mentale, ma fa parte della corretta attitudine alle cose sforzarsi di migliorarsi sotto ogni punto di vista.

Insomma cerco in ogni passo che compio di applicare quelle tecniche che vengono insegnate in dojo e che cerco di migliorare costantemente, quindi perché non applicarmi anche fuori dal dojo, dove in fondo passo la maggior parte del tempo?


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lele bo

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