mercoledì 4 maggio 2022

IL DOJO FUORI DAL DOJO: METSUKE E ZANSHIN


Solo da quando ho cominciato a praticare kendo e iaido ho compreso veramente cosa significhi guardare qualcosa in maniera completa e consapevole. Fino ad allora vedevo le cose, le persone, i paesaggi, anche dettagli magari minimi, ma mi perdevo l'interezza dell'immagine. Classicamente, ero in grado di vedere la foglia ma non la sua interazione con l'albero, e se vedevo questo mi perdevo la foresta: vedevo sempre qualcosa, ma senza cogliere la visione completa.

Il concetto di metsuke mi ha aperto ad un nuovo modo di guardare qualsiasi cosa. Quell'osservazione della montagna lontana che si traduce nelle arti marziali nel saper vedere l'interezza dell'avversario e dei suoi movimenti è diventata piano piano un'abitudine anche nella vita quotidiana. Mi piace immaginare che quando cammino per strada, o quando corro, il mio percorso sia paragonabile ad una sorta di kata in cui gli ostacoli fisici, piccoli o grandi che siano, cose o persone, fisicamente ingombranti o anche solo disegnati sul suolo stradale, siano una rappresentazione degli avversari che devo incontrare. Non che me ne vada in giro con spirito belligerante, ma cerco di sfruttare ogni opportunità per mettere in pratica qualche insegnamento dell'arte della spada e per cercare di creare un'abitudine.
Automaticamente il mio cervello comincia a mettersi in modalità concentrazione su tutto, imposta il mio corpo ad essere pronto ad una qualsiasi azione come svoltare un angolo, cambiare direzione, o anche solo arrivare con il piede e la postura giusti nel punto e alla distanza giusti per immaginare di poter avere quella prontezza che in dojo può portare ad uno yuko datotsu o ad un taglio realisticamente efficace (d'altronde non cerchiamo sempre di sconfiggere kasoteki, il nostro nemico invisibile?) mentre in mezzo alla strada diventa utile per evitare una persona o saltare una pozzanghera.

Questa attenzione porta inderogabilmente ad un altro fondamentale concetto che ho imparato in dojo, quello molto più profondo e complesso dello zanshin, quello stato di allerta vigile e consapevole che si mostra sia nella postura che nello stato d'animo al termine di un'azione, in modo da rendere possibile l'eventuale risposta ad un qualsiasi nuovo attacco e non necessariamente dell'avversario diretto. Di nuovo, non che vada in giro a cercare la rissa, jamais!, ma la consapevolezza di quello che possa accadere in un tempo successivo senza perdere di vista il momento attuale è di fondamentale importanza anche per la propria sicurezza, oltre che per quella degli altri. Se vengo superato da qualcuno, che quindi proviene dall'angolo buio della mia apertura visiva, cerco di capire se ci sia qualcun altro dietro ancora, se sia un gruppo, per evitare spiacevoli scontri, tagli di strada e ttti quei piccoli incidenti che se non altro possono dare davvero fastidio.

Il metsuke mi aiuta nella preparazione del momento attuale, lo zanshin a mantenere la situazione sotto controllo nell'instante successivo, soprattutto per il mio quieto vivere, a cui tengo particolarmente.
Piccole cose forse, ma che tutte insieme mi permettono anche di non invadere lo spazio degli altri e di poter continuare a "praticare" anche senza la spada in mano: la quotidianità continua ad essere una palestra efficace, e aperta tutto il giorno, per mettere in pratica tutti gli insegnamenti del dojo.




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lele bo

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